Dongguan sarà civile grazie a te

001a4bb61cb00967b16e02.jpg东莞因你而文明(Dongguan yin ni er wen ming) è la frase che campeggia un po’ ovunque in città. Letteralmente vuol dire “Dongguan sarà civile grazie al tuo contributo”. E’ la campagna di sensibilizzazione alla civiltà lanciata in occasione delle appena conclutesi Olimpiadi. Visto che di civiltà in Cina in generale e nella città dove risiedo in particolare se ne vede poco -basti vedere le automobili che passano col rosso, i pedoni che sbucano in qualunque momento sulla strada, passando naturalmente anche loro col rosso-, ho chiesto al tassista quando è che Dongguan sarà civile. Lui mi risponde con una non risposta, dicendo che la città ha circa 5 milioni di abitanti, ecc ecc. Poi mi chiede improvvisamente “ma sei un giornalista?”.

In realtà in Cina bisogna stare attenti a quello che dico, non per una questione di censura e altre baggianate varie, ma per non prendere fregature varie. In fondo sono pur sempre uno straniero, che non è più abituato agli usi e costumi di un Paese che ha lasciato all’età di 8. E la fregatura è sempre dietro l’angolo.

Sono a 2 ore di macchina da Hong Kong, ma mi serve il visto per entrarci. E’ stata una tribolazione ottenere delle informazioni precise su come fare il visto, alla fine ho detto al tizio dell’azienda dove lavoro “basta, ne riparliamo”. Ufficialmente HK è cinese, ma i cinesi per andarci devono avere un passaporto apposito, il che basta, a mio parere, per farli incazzare come delle bestie. L’altro giorno uno degli autisti con cui mi trovo a far delle chiacchiere durante il tragitto fabbrica-hotel, hotel-fabbrica, era infastidito dal fatto che gli automobilisti di HK andassero a fare benzina in Cina, dove costa 0.7 €, mentre a HK costa molto di più. E si è chiesto “perchè loro possono andare in Cina quando pare loro e noi no a HK?”. Questione spinosa.

Dalla Cina

ChinaCerto per me ritornare in Cina per lavoro è stata una decisione piuttosto basata sul nulla: qui non ho nè parenti nè amici: alla fin fine è mi trovo nella stessa situazione di un romano che va in Cina per lavorare. Difatti gli italiani che ho conosciuto qui mi guardano più come a un romano che a un cinese: appena apro bocca si capisce tutto.

La cosa che mi differenzia di più dai cinesi è la seguente:loro fanno di tutto per cercare di distinguersi, mentre io faccio di tutto per apparire uno di loro. Per fortuna non è difficile. La difficoltà maggiore sta quando ho a che fare con banche e pubblici servizi in generale. Allo sportello automatico da dove si prelevano i soldi all’aeroporto mi hanno appioppato su 800 RMB, 300 RMB (30 € circa) falsi. Mo’ con quei soldi mi ci pulisco le ascelle…per non nominare altre parti.

Sono stanziato in un hotel al momento: un tre stelle che in Italia può benissimo essere passato per 4 *. Ho il supermercato vicino, ristoranti a gogo che vanno dal giapponese all’italiano-quello doc-, dal taiwanese al fujianese. Insomma di cibo da mangiare ce n’è a volontà. E si spende di solito non più di 10 €. Se poi si vuole andare sul lusso, come aragosta cucinata sul momento e scelta tra più aragoste vive, si può andare sui 30 €.

Al momento non sento nostalgia dell’Italia, anche perchè i ritmi di lavoro non me lo permettono.    

ESTATE A TEMA LIBERO

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