Come funziona la legge numero 91 del 1992 attualmente in vigore?

La disciplina in materia di cittadinanza fa oggi capo alla legge 91/1992. Ai sensi di tale legge, acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani (L. 91/1992, articolo 1, comma 1, lettera a): si tratta della cosiddetta modalità di acquisizione della cittadinanza tramite ius sanguinis.

Lo straniero che sia nato in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2).

FAQ

Cosa è cambiato per le seconde generazioni dal 2013?

Grazie al lavoro di Rete G2 e alla Campagna “18 anni… in Comune!”, promossa con Anci e Save The Children, il Governo Letta nell’articolo 33 del cosiddetto “Decreto del Fare”, stabilì nel 2013 che non è più imputabile alle seconde generazioni la mancanza del requisito di presenza legale ed iscrizione anagrafica ininterrotta in Italia dal momento della nascita e fino al compimento della maggiore età, in caso di inadempimenti da parte dei genitori o degli uffici della Pubblica Amministrazione e purché sia comunque dimostrabile l’effettiva continuativa presenza in Italia con idonea documentazione (ad es. pagelle scolastiche, certificazioni di vaccinazioni sanitarie…). Inoltre gli Ufficiali di Stato civile, nei sei mesi precedenti al compimento dei diciotto anni, hanno l’obbligo di comunicare al diretto interessato, entro il termine di un anno, tutte le procedure richieste dalla legge. In mancanza di tale comunicazione il diritto può essere esercitato anche dopo lo scadere del termine di un anno.

Cosa sarebbe cambiato con la riforma della cittadinanza approvata alla Camera nell’ottobre del 2015 e rimasta bloccata all’esame del Senato?

La legge del 1992 muoveva dal prevalente intento di rispondere ad istanze giungenti dagli Italiani all’estero, posta negli anni Ottanta l’instabilità politica o economica dei Paesi latino-americani di maggior emigrazione. A finalità e contesto storico diversi risponde il disegno di legge n. 2092 all’esame del Senato, dopo essere stato approvato in prima lettura dalla Camera.

Con la riforma si prevede che acquisti la cittadinanza per nascita, chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno di lungo periodo. Dunque, si tratta di acquisto di diritto della cittadinanza. Decisivo suo requisito è il soggiorno per almeno cinque anni in Italia.

Il diritto di soggiorno permanente è riconosciuto infatti – ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 30 del 2007 – al cittadino dell’Unione europea e ai suoi familiari, che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale.

Il permesso UE per soggiorno di lungo periodo è rilasciato – ai sensi dell’articolo dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998 – allo straniero cittadino di Stati non appartenente all’Unione europea, in possesso dei seguenti requisiti:

  • titolarità, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità;
  • reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
  • disponibilità di alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
  • superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.

Tale permesso per soggiorno di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Esso è a tempo indeterminato (e deve essere rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta).

Non è dunque corretto ciò che spesso si sente affermare riguardo questa riforma, cioè che concederebbe la cittadinanza italiana in modo indiscriminato a chiunque nasce in Italia. La cittadinanza, invece, viene concessa alla nascita solamente allo straniero figlio di genitori che abbiano determinati requisiti, tutt’altro che semplici da soddisfare, e che sono dimostrazione di integrazione nel nostro paese (è il caso, ad esempio, del superamento di un test di conoscenza della lingua italiana, richiesto per ottenere il Permesso Ue per soggiorno di lungo periodo)

Viene poi introdotta una fattispecie nuova di acquisto della cittadinanza italiana, a seguito di percorso formativo (ius culturae) Essa è oggetto dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del disegno di legge. Beneficiario è il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età. Egli acquista di diritto la cittadinanza, qualora abbia frequentato regolarmente (ai sensi della normativa vigente) un percorso formativo per almeno cinque anni nel territorio nazionale. Tale formazione consiste in: uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione; o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali, idonei al conseguimento di una qualifica professionale.

L’articolo 1, comma 1, lettera e) ha riguardo un’ultima fattispecie di concessione della cittadinanza (cd. naturalizzazione). Beneficiario è lo straniero che abbia fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, ivi legalmente residente da almeno sei anni. Egli può richiedere gli sia concessa la cittadinanza, a condizione che abbia frequentato regolarmente (ai sensi della normativa vigente) in Italia un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione – ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale, con il conseguimento di una qualifica professionale. Tale fattispecie riguarderà il minore straniero che abbia fatto ingresso nel territorio italiano tra il dodicesimo ed il diciottesimo anno di età. Rimane che qui si tratta di concessione della cittadinanza, con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del ministro dell’interno.

La norma transitoria per le seconde generazioni adulte

Le disposizioni del disegno di legge si applicano anche agli stranieri che abbiano maturato prima della sua entrata in vigore come legge i diritti previsti. E’ richiesta la residenza legale e ininterrotta nel territorio nazionale per cinque anni. Il limite per la presentazione della richiesta di cittadinanza è quello di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge.
L’ufficiale di stato civile che riceva siffatta richiesta, verifica i requisiti così prescritti; sospende l’iscrizione e annotazione nei registri dello stato civile; richiede al ministero dell’interno il nulla osta (che deve essere rilasciato nei successivi sei mesi) circa l’insussistenza di provvedimenti di diniego o di espulsione o di allontanamento, intervenuti per motivi di sicurezza.

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