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SAMIRA MANGOUD UNA DI NOI: IL VERDETTO

“Invitiamo l’opinione pubblica e la società civile a sostenere Samira assieme a noi il 18 settembre presso il tribunale di via Lepanto in Roma alle ore 10”

Samira Mangoud è nata in Italia ma non ha la cittadinanza italiana perchè non sapeva di doverla richiedere al compimento dei 18 anni.
Nel 2004 Samira ha un contratto di collaborazione a progetto tramite un’ agenzia interinale presso lo sportello H del VI municipio di Roma. Scaduto l’appalto con l’agenzia interinale, il Comune di Roma decide di assumere gli impiegati dello sportello h direttamente, con un contratto a tempo determinato.
Nel 2006 scade il contratto con il Comune di Roma e,dopo lunghe trattative, il Comune di Roma rinnova il contratto a tutti gli impiegati tranne che a Samira, con la motivazione che “non è cittadina italiana”.
Eppure, Samira Mangoud lo aveva dichiarato e certificato sin dall’inizio.
Inizia l’odissea di una giovane, prima senza cittadinanza e poi anche senza lavoro.
Il 23 ottobre 2007 Samira ha la prima udienza dal giudice e il 18 settembre 2008 è prevista la sentenza definitiva.
La Rete G2 ha seguito il caso di Samira Mangoud sin dall’inizio e il 18 settembre sarà presente per sostenerla ancora una volta in questo iter che è l’esempio concreto di diverse difficoltà quotidiane che incontrano tanti figli d’immigrati. Persone che seppur nate o cresciute in Italia spesso si ritrovano ad affrontare le stesse difficoltà dei propri genitori immigrati.
La Rete G2 auspica una sentenza positiva nei confronti di Samira che dia anche un segnale forte sul piano politico di giustizia nei confronti di molti cittadini non italiani solo sulla carta.
Invitiamo l’opinione pubblica e la società civile a sostenere Samira assieme a noi il 18 settembre presso il tribunale di via Lepanto in Roma alle ore 10.
Per maggiori informazioni : www.secondegenerazioni.it


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Alessandra Samira, una di noi

Davide contro Golia. Giovedì 31 gennaio una carissima ragazza, una compagna di percorso, dovrà affidare ad altri la decisione su un episodio molto importante per sé, per la sua famiglia e amici, importante anche per gli altri "italiani con il permesso di soggiorno". Alessandra Samira Mangoud è una che ha scelto di non nascondersi e di non abbandonare la sua vita ai soliti "ma tanto perché insistere? Meglio che lascio perdere anche se è un’ingiustizia, anche se condizionerà tutta la mia vita". Sam, come la chiamano alcuni di noi, è una lottatrice costante che non demorde. E la sua battaglia è diventata anche una delle battaglie della rete G2, perché quello che è successo a lei potrebbe accadere ad altre seconde generazioni. Samira è una figlia di immigrati nata in Italia, è una che ha studiato, si è laureata e che lavorava con passione in un Comune italiano, in uno sportello sull’handicap, finché non le hanno sbattuto in faccia un muro: "tu, fuori! Non puoi più stare qui, i tuoi colleghi invece sì. Non è che sei inferiore, ma quasi!"

Sono i casi come quello di Samira che ricominciano a trapanarmi il cervello nel momento buio in cui le speranze sono messe a dura prova. Non è giusto! NON E’ Giusto! NON E’ GIUSTO!!! Ora che vediamo allontanarsi le possibilità della riforma della legge sulla cittadinanza, ora che è caduto un governo che sembrava meno sordo, noi figli di immigrati ci sentiamo più amareggiati che mai. Quanto dovremo aspettare ancora per essere solo e semplicemente considerati degli eguali? Per non finire umiliati fin da piccoli come nel caso dei bambini di Palermo? O perché conti di più una vita di affetti, di insegnamenti, di ricordi di infanzia, piuttosto che il nostro reddito, quando decidono se fai o meno parte del Paese dove sei cresciuto?

Giovedì 31 gennaio si terrà a Roma la prima udienza della causa per discriminazione sul lavoro aperta da Alessandra Samira e lei non dovrà essere da sola. Per noi seconde generazioni la vita si sarà fatta più dura ma così come la nostra amica e compagna di percorso ha scoperto da tempo sappiamo che non possiamo permetterci la rassegnazione, perché "non siamo né meglio né peggio d’altri" e vogliamo solo giustizia. Ne va del nostro presente e futuro e di quello dell’Italia. Perché se l’Italia è una società più¹ giusta ne siamo tutti più orgogliosi. Un Paese sul quale dobbiamo continuare a lavorare tutti i giorni, insieme, perché la battaglia della rete G2 è nata sulle difficoltà concrete di ciascuno di noi. Così come Samira non ci fermeremo e costruiremo alberi saldi di cui essere sempre orgogliosi/e.

Per saperne di più sul caso di Alessandra Samira e/o commentare vai sull’ Osservatorio G2.