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MessaggioInviato: 24 feb 2009, 19:13 
Extra terrona
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Secolo XIX 24.02.2009 «Cogoleto, fu un'aggressione razzista»fine indagini
Le conclusioni del Pm sul caso Panizzi, il giovane che aveva colpito alla testa lo studente albanese
Steve M.
UN'AGGRESSIONE scatenata dall'odio e dal razzismo. Non è più solo un sospetto, alimentato
dalle testimonianze della prima ora e dagli scontri del passato. Adesso è un'accusa precisa,
gravissima, contenuta in un atto: l'avviso di garanzia di fine indagine spedito all'unico indagato, con
il quale il sostituto procuratore Vittorio Ranieri Miniati ha chiuso ieri la sua inchiesta, scomoda,
clamorosa. Tentato omicidio con l'aggravante dei motivi razziali, ma anche minacce di morte e
ingiurie, sempre con quella stessa motivazione: l'avversione per lo straniero. È il capo di
imputazione con il quale sarà chiesto il processo per Livio Panizzi, il giovane di Cogoleto arrestato
dai carabinieri per aver colpito alla testa con un attrezzo da meccanico in acciaio Steve M., studente
di origine albanese di 19 anni, residente con la famiglia a Varazze, al termine di una rissa scoppiata
davanti alla stazione ferroviaria.
L'italiano non digeriva che uno «sporco albanese» gli avesse soffiato la fidanzata. Il rancore era
nato tre anni prima, all'oratorio. E con il tempo era cresciuto sfociando nell'odio prima e poi nella
furia, dopo l'ultima lite in strada.
Fino a quel giorno, era il 22 ottobre, Steve sognava di diventare un medico e aspettava l'esito
dell'esame di ammissione alla facoltà. Da quel giorno la sua vita è cambiata per sempre. La mazzata
al capo gli ha prodotto danni irreparabili alla scatola cranica e al cervello. La sua capacità di
articolare il linguaggio è tuttora ridotta al lumicino per via dell'intervento chirurgico con il quale è
stato necessario rimuovere parte della materia cerebrale compromessa.
«Era uno ragazzo brillantissimo», racconta la sorella Agnesa, a nome della famiglia che in questi
mesi ha cercato di reagire, aiutando Steve a riprendere in mano la sua vita, dopo aver lasciato
l'ospedale alla vigilia di Natale: «Purtroppo non parla, non reagisce agli stimoli, sembra un
vegetale». «Abbiamo fiducia nella giustizia - precisa ancora la sorella, determinata come non mai a
seguire il caso di Steve fino in fondo - sappiamo che sono state disposte delle perizie, sul giubbotto
dell'aggressore e sulle ferite alle mani, che racconta essergli state provocate dalle coltellate dei
ragazzi albanesi. Non posso credere che mio fratello abbia potuto fare niente di male». Steve per
altro, affiancato dagli avvocati Gabriele Contardo e Giuseppe Tortorelli, è indagato per rissa,
paradossalmente aggravata dall'esito drammatico di cui solo lui porta i segni.
La contestazione dell'aggravante dei motivi "razziali"è maturata al termine di un complesso e lungo
lavoro di indagine, al quale hanno lavorato i carabinieri della stazione di Cogoleto e della
compagnia di Arenzano. In un primo tempo la versione dei fatti raccolta dai militari non aveva
convinto il pm Ranieri Miniati. Un nuovo giro di interrogatori e di approfondimento delle
testimonianze registrate in prima battuta, aveva però convinto gli inquirenti delle motivazioni
xenofobe all'oridine dell'aggressione.
Un odio che si respira attraversando il sottopassaggio della stazione ferroviaria, a pochi metri dal
luogo della rissa. Ci sono scritte contro gli albanesi e i romeni, graffiti firmati, sui quali chissà quale
tipo di accertamento investigativo è stato compiuto.
La dinamica dell'aggressione al termine della quale fu ferito alla testa Steve M. ormai è compiuta.
Lo studente albanese e Livio Panizzi erano nemici giurati ormai da tempo. Si erano beccati
all'oratorio di Varazze, testimone l'ex direttore della struttura religiosa, successivamente trasferito a
suo dire «per aver preso troppo le parti degli stranieri della sua parrocchia». Steve aveva reagito a
un sopruso dell'italiano e questi si era legato al dito quell'offesa. Poi la ragazza, una delle
adolescenti più carine del paese. Steve l'aveva "soffiata" a Panizzi. E questi non l'aveva mandata
giù: «Non può stare con un albanese di m...». Proprio la testimonianza della fidanzatina avrebbe
fatto pendere la bilancia della Procura verso la contestazione dell'aggravante dei motivi razziali.
Da questo episodio si era scatenato un fitto scambio di messaggi via telefonino. Sms minacciosi che
Steve e la madre avevano letto ai carabinieri del paese, denunciando (solo verbalmente) i toni
aggressivi dell'italiano. La sera del 22 ottobre Steve e i suoi amici incrociano in macchina Livio
Panizzi. Questi ha raccontato di essere stato affrontato da giovani armati di coltello. Circostanza
finora mai confermata. E di essere stato ferito a una mano (un taglio è stato trovato anche sul
giubbotto). Il dato certo è quello finale, quel colpo alla testa, scrive il giudice, «vibrato con
l'intenzione di uccidere».


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MessaggioInviato: 24 feb 2009, 19:15 
Extra terrona
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Secolo XIX 24.02.2009 I genitori dei ragazzi, tra Voglia di giustizia e totale incredulità
le famiglie
«DISPERATI»è l'unica parola che abbia un senso. Agnesa, 24 anni, la sorella del giovane albanese,
ci pensa su e poi chiude così: «Siamo distrutti per le condizioni di Steve. È fermo in un letto, come
un vegetale. La sua vita, il suo futuro sono stati cancellati con quel colpo in testa. Stiamo lottando,
ci attacchiamo a ogni piccolo segnale, a un miglioramento delle sue condizioni. E in prima linea ci
sono i miei genitori. Non ci resta che avere fiducia nei medici e nella giustizia».
«Disperati» sono anche i genitori di Livio Panizzi, il giovane arrestato per l'aggressione di
Cogoleto, difeso dall'avvocato Stefano Pellegrini, ora accusato formalmente di tentato omicidio,
minacce e ingiurie a sfondo razziale. «Siamo disperati per le condizioni nelle quali si trova quel
povero ragazzo. È terribile e non sappiamo darci pace». A parlare nelle ore successive al fermo del
figlio, era stato il padre, Mirko Panizzi: «Vorremmo poter cancellare quel giorno e vorremmo che
fosse fatta piena chiarezza su ciò che è avvenuto. Mio figlio non è mai stato un razzista. Lo conosco
bene». Alla ricostruzione dei fatti hanno lavorato i carabinieri della stazione di Cogoleto e della
compagnia di Arenzano, coordinati dal sostituto procuratore Vittorio Ranieri Miniati. Le
testimonianze raccolte hanno contribuito a comporre un quadro dettagliato e per certi versi già
definito. Tra il ferito e l'aggressore arrestato c'era un'acredine che durava da tempo. Una ragazza
contesa. Chi conosce tutti i soggetti coinvolti nella vicenda ha riferito che Panizzi non poteva
sopportare di essersi fatto soffiare la ragazza da un albanese. Quel giorno a Cogoleto non andò in
scena una semplice aggressione a freddo. Ma una rissa. Tre ragazzi albanesi contro un italiano:
«Mio figlio è stato affrontato da giovani che erano armati di coltello. La paura lo ha fatto reagire in
quel modo, ne sono certo». Panizzi, a quanto pare conoscitore delle arti marziali, era già arrivato
alle mani con i rivali in passato. Davanti alla stazione sarebbe andata in scena una sorta di
regolamento dei conti, a giudizio del padre dell'italiano.
L'indagine per la rissa aggravata è ancora in corso. Quella del tentato omicidio si è invece conclusa
con una ricostruzione precisa. L'incontro tra i tre giovani albanesi e Panizzi sarebbe stato casuale. E
l'affrontarsi sarebbe stata una libera scelta di tutti i presenti. La posizione delle auto lasciava ampia
possibilità di manovra. Chi avesse voluto andarsene via, sarebbe stato in grado di farlo. Così non fu,
fino all'ultima aggressione.


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MessaggioInviato: 26 feb 2009, 12:34 
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Iscritto il: 07 ott 2006, 12:07
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Località: Toscana
una sentenza che rende onore alla realtà dei fatti senza nascondere il puro razzismo, dietro la terminologia che si usa solitamente etichettando queste cose come "bravatte di ragazzi" :!:


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