Stranieri e reggiani, insiemeBotta e risposta sull'etichetta di «immigrati di seconda generazione» «Sulla seconda generazione d'immigrati - ammette Asmaa, prossima a laurearsi in scienza della comunicazione all'università di Modena e Reggio - non mi sono mai posta il problema, nel senso che essere seconda generazione racconta una storia che è nata da poco. E' una storia che nasce non più nel paese dei genitori ma in un altro luogo ».
Rania: «Noi non ci riconosciamo in questa definizione. Rifiutiamo questo appellativo non perchè non ci sentiamo figli dei nostri genitori ma perchè non vogliamo essere considerati solo come degli immigrati e poi perchè Chiara e Flavia non sono considerati seconda generazione rispetto ai propri genitori?».
Asmaa: «Non ho mai visto la seconda generazione come qualcosa di limitativo o di impoverimento. Limitativi sono gli altri che con questa definizione tendono a categorizzarci ».
Chiara: «Sono d'accordo con Rania, tra me e i miei c'è una differenza generazionale così come i miei nei confronti dei propri genitori. chiaro a tutti questo concetto, ma perchè volerlo sottolineare per i giovani i cui genitori sono stranieri?».
Flavia: «Anche io penso sia sbagliato considerare un giovane straniero che ha fatto le stesse scuole che ho fatto io ed abbia condiviso con i suoi compagni le stesse cose poi lo dobbiamo considerare come un giovane immigrato. Alcuni sono nati qui a Reggio ».
Asmaa: «Secondo me perchè Chiara è italiana, ha sempre vissuto in Italia così come i suoi genitori e nonni io, che sono marocchina ma anche cresciuta in Italia, rispetto al primo flusso d'immigrazione che è venuto qui in Italia, sono la seconda e si tende a calcare tale aspetto per continuare a mettere sotto luce il fatto di essere immigrato».
Flavia: E' questo che non vogliamo accettare, perchè un giovane che è nato o cresciuto a Reggio si debba sentire immigrato? E poi immigrati si diventa non si nasce».
Chiara: «Appunto per questo noi crediamo che il termine sia errato, perchè trasmette l'idea che un figlio di uno straniero al massimo può diventare un buon immigrato e non un cittadino italiano».
Rania: «Io non voglio continuare ad essere considerata un'immigrata anche perchè è come se io non avessi nessun diritto nel considerarmi giovane come loro».
Flavia: «E' una definizione che ti incasella in questo gruppo ªseconda generazione º isolandoti dalla parte italiana e non ti permette di crescere con questa parte e peggio ancora interiorizzi questo senso di inferiorità».
Chiara: «A me viene da dire che potremmo appartenere tutti a un'unica generazione. Una generazione che vive in un contesto differentissimo dal quello in cui ha vissuto mia mamma negli anni '50 e '60, è un altro mondo».
Asmaa: «Teoricamente sì, ma in pratica sei comunque diverso, vuoi per la tua cultura, per il colore della tua pelle, per il background che i tuoi genitori ti hanno passato e quindi sei comunque diverso da un italiano».
Rania: «Avere due culture implica una mentalità bi-culturale. è un arricchimento, perchè ti permette di dialogare con diversi saperi. Essere italo-egiziana è la definizione che mi piace di più».
Chiara: «E poi per me, essere italiana oggi con amici come Rania e Asmaa mi porta a considerare il concetto di cittadinanza culturale. Mi sento un po' più cittadina di ogni pezzo di mondo che questi incontri mi trasmettono».(18 dicembre 2006)
Fonte:
Gazzetta di Reggio