A Serina, piccolo paese in provincia di Bergamo, l’amministrazione stanzia un bonus-bebè di 520 euro per aiutare le neo-mamme. Con tanto di cerimonia di consegna nella sala comunale. La condizione? Che i bambini abbiano almeno un genitore italiano.
Peccato che la norma del 2003, tuttora in vigore, violi la legge dello Stato. Per questo, dopo aver scritto al Sindaco a giugno senza ottenere alcuna risposta, l’Asgi (Associazione italiana per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e la Cooperativa sociale Ruah di Bergamo hanno depositato in Tribunale un ricorso contro il Regolamento comunale.
Le associazioni ricorrenti sottolineano «come la discriminazione operata dal Comune di Serina nei confronti dei bambini di nazionalità straniera e delle loro famiglie si pone in contrasto con tutta una serie di norme di natura costituzionale, internazionale (Convenzione diritti del fanciullo) e legislativa, che non ammettono distinzioni tra cittadini e non nella fruizione delle prestazioni di assistenza sociale e di sostegno al reddito familiare».
Sì, perché l’articolo 41 del Testo unico sull’immigrazione del 1998 afferma che, se uno straniero ha un permesso di soggiorno di almeno un anno, è equiparato a un cittadino italiano. Si possono scegliere altri criteri, ma non la nazionalità. Il ricorso presentato chiede al Tribunale di obbligare il Sindaco a modificare il Regolamento comunale, rendendo uguali i bambini nelle culle di Serina.
L'avvocato Alberto Guariso delll'Asgi.
L'avvocato Alberto Guariso delll'Asgi.
GUARISO: "LA NON DISCRIMINAZIONE È UN DIRITTO ASSOLUTO, E BEN TUTELATO IN ITALIA"
Spiega l’avvocato Alberto Guariso dell’Asgi, che ha depositato il ricorso: «C’è una lunga serie di azioni giudiziarie che abbiamo presentato negli ultimi anni dinanzi ai tribunali lombardi, principalmente di Brescia e Bergamo, contro analoghi provvedimenti discriminatori. Da altri bonus-bebè al contributo per le cure dentistiche della Regione Lombardia. Le amministrazioni locali sono obbligate a rispettare la legge nazionale e il diritto alla non discriminazione, che è un diritto assoluto, è ben tutelato in Italia». Infatti, nella quasi totalità dei casi, i ricorsi presentati da Asgi si sono conclusi con la condanna degli enti locali.
«Negli anni scorsi», aggiunge Guariso, «in Lombardia abbiamo avuto una fase ideologica, una battaglia al grido “Prima i nostri”, per tutelare la “razza” italiana o padana. Così è stato per esempio il bonus-bebè per soli italiani nel Comune di Brescia, forse il caso più famoso, in cui il Sindaco arrivò a sostenere che solo gli italiani attribuiscono importanza al fattore economico nella progettazione della natalità».
In quell’occasione intervenne anche il vescovo di Brescia Monari, definendo il provvedimento «brutto, ingeneroso e irriconoscente». Poi arrivò una serie di bocciature in tribunale per l’amministrazione. «A volte», sottolinea Guariso, «sembra che queste discriminazioni rimangano quasi per inerzia e, com'è successo recentemente con il Comune di Lanzada in provincia di Sondrio, basta segnalare ai Comuni che stanno violando la legge perché rettifichino e si adeguino. Proprio quello che non è successo a Serina».
Secondo l’avvocato, «è particolarmente sbagliato in una materia come il welfare ragionare in termini ideologici. Non vuol dire dare tutto a tutti, si può dibattere su alcuni criteri di accesso, ma sapendo bene che l’esclusione secondo la nazionalità è vietata e mina la coesione sociale». Tra l’altro, le battaglie ideologiche non aiutano a comprendere la realtà, come quando si dice che gli stranieri prosciugano il nostro welfare: «Al contrario, vari indicatori confermano che in un’ottica macroeconomica il saldo della bilancia è conveniente: gli stranieri spesso sono giovani lavoratori e versano allo Stato più di quello che incassano in aiuti sociali».
Fonte:
http://www.famigliacristiana.it/articol ... liani.aspx