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(20 April 2007)

Genova, i Latin King parlano agli studenti
di Domenica Canchano

Sono ecuadoriani (e anche italiani), sono molto giovani e negli ultimi anni sono finiti spesso sotto accusa a Genova per episodi di cronaca. Ora i Latin King, il gruppo di latinos "di strada" sono intervenuti in un dibattito all'università per spiegare le loro ragioni. "Spesso in passato molti di noi hanno sbagliato - hanno raccontato in un'aula di Scienze della formazione - ma noi vogliamo farci conoscere anche per i nostri progetti di integrazione per tutti i giovani"
di Domenica Canchano

GENOVA - Dopo una martellante campagna mediatica lunga due anni, i Latin King (il gruppo di giovani latinos al centro di episodi di cronaca lo scorso anno) sono saliti in cattedra per raccontare la loro verità. “E' vero che qualcuno di noi, in passato, ha sbagliato commettendo reati, ma questo non vuol dire che tutti siamo così. Oggi noi vogliamo farci conoscere non solo parlando delle nostre storie ma facendo anche dei progetti d'integrazione concreti coinvolgendo tutti i giovani”, spiega Byron, portavoce della Nazione dei Latin King a genova.

Assieme a lui, nell'aula della facoltà di Scienze della formazione portati dal docente Luca Queirolo Palmas, c'erano anche Samantha, 17 anni, italiana, sua cugina Sara di 16 anni e Luis di 20 anni, ecuadoriano, da 4 anni nei Latin King. La prima cosa che vogliono far capire è che “Nazione” per loro è sinonimo di famiglia. “Io sarei pronta per dare la vita se uno di noi è in pericolo – racconta Samantha – . All'interno della Nazione siamo tutti fratelli e sorelle. C'è un appoggio morale, economico per chiunque di noi ne avesse bisogno”.

Aggiunge Byron, arrivato 7 anni fa in Italia: “Vivere la strada non vuol dire essere delinquenti. Cerchiamo di essere riconosciuti, vogliamo provare a cambiare il modo di pensare che hanno le persone nei nostri confronti”. Questa organizzazione è stata fondata infatti per accogliere tutte le persone oppresse o vittime di razzismo e per difendere i diritti dei giovani immigrati di seconda generazione. “Tutte le domeniche ci incontriamo presso il centro sociale Zapata dove organizziamo delle attività – continua Byron – E lì ci possiamo vestire e ascoltare la musica che vogliamo”.

“Non è necessario essere ecuadoriani per frequentare la nostra organizzazione – spiega Sara - . Dentro ci sono ragazzi italiani, ecuadoriani, marocchini, portoricani, brasiliani ecc. Noi crediamo molto nella solidarietà e nell'uguaglianza. Non siamo una banda bensì una struttura come un paese” conclude. “Io quando ero bambina mi drogavo – racconta Samatha – ne sono uscita grazie anche a loro. Perché nella Nazione non è permesso fumare ne drogarsi. Con loro posso dire di aver cambiato vita”.

Le dichiarazioni rilasciate dai ragazzi sono servite per fare luce su un nuovo modello di vita e non più parlando dei reati che vedevano come principali imputati proprio loro. “Ho imparato più in queste due ore che ascoltando le lezioni di qualsiasi docente - spiega una studentessa - . Venivano disegnati come giovani delinquenti ma in realtà hanno gli stessi problemi nostri e desiderano come noi lavorare contro la discriminazione” conclude.


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