questa è una lettera scritta da una madre filippina che è anche capo di una organizzazione di filippini in italia. Nel testo ri riferisce alla trasmissione di ieri sera su Rai Tre del programma "Primo Piano" dove è intervenuta la preside/direttrice scolastica dell'Isituto dove studiava il ragazzo.
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Irma Tobias
presidente Associazione lavoratori filippini in Italia
Un ragazzo di sedici anni si è suicidato. “Non mi sento accettato, non
mi sento integrato, mi sento diverso” questo il messaggio che, secondo
i giornali, ha scritto prima di compiere quel gesto estremo. “I
compagni di scuola lo prendevano in giro e gli dicevano che era gay” hanno
spiegato in televisione. Nel dolore della madre, nei suoi lineamenti
filippini, nella sua condizione di immigrata ho ritrovato il tormento che
affligge molte di noi. Non sono abituata a commentare fatti che non
conosco e so bene che è difficile individuare le complesse motivazioni che
spingono un adolescente al suicidio, ma ho visto con rabbia l’intervista
alla preside dell’istituto tecnico “Sommelier” di Torino. Al suo posto
avrei pianto per la perdita di un suo alunno, avrei detto “le abbiamo
provate tutte ma non ci siamo riuscite”, avrei urlato che nonostante i
nostri sforzi non siamo riusciti ad acciuffare il dolore di uno dei
“nostri ragazzi” e che forse dovremmo imparare da un fatto così tragico. E
invece lì a giustificarsi, ad allontanare da se le responsabilità, a
minimizzare perfino il comportamento degli altri ragazzi. Ancora una
volta una istituzione sorda, fredda, distaccata almeno nelle parole della
preside così solerte nel farsi intervistare.
Questi nostri ragazzi sospesi tra due mondi distanti e nessuno che si
sforza di capire, di agire. Crescere dentro i valori della tua famiglia
di provenienza, dentro gli odori, le abitudini, i sapori, gli accenti
di un mondo che seppur lontano ti appartiene che è dentro di te, è nei
tuoi lineamenti, nei colori dei tuoi occhi, nel viso di tua madre. E
nello stesso tempo crescere in un mondo, quello dove vivi quotidianamente,
dove cresci, abiti, vai a scuola, dove è importante essere accettato,
esserne parte a tutti gli effetti, e quando pensi di avercela fatta, di
poter esserne parte, di essere uno tra i tanti ecco la “sciagura”,
perché così la presentano le ossessive note delle CEI e il luogo comune,
comune questo si a tutte le latitudini, dell’eventualità
dell’omosessualità.
Questo tormento che spacca i cuori dei nostri ragazzi, che non li fa
sentire né di qua né di là, un po’ figli di immigrati un po’ cittadini
italiani, questo tormento la società non comprende, non vuole cogliere.
A volte ci si domanda dove nascono i sentimenti di estraneità che con
tanta violenza si sono palesati nelle periferie parigine. Ragazzi nati e
cresciuti nel bel mondo occidentale e tutti sorpresi a domandarsi
perché.
Che società infernali sono quelle che non sono capaci di impedire una
situazione comune a migliaia di ragazzi che affollano le scuole
italiane. E se una società non è in grado di farti sentire accettato, di
integrarti, di intervenire, non potrai mai sentirla, viverla, amarla come la
tua società.
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