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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 28 giu 2010, 00:07 
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Alcune riflessioni sull'immigrazione e le seconde generazioni in Italia - dibattito sulle seconde generazioni con Emiliano Boschetto, coordinatore circolo PD Casalbalocco (Roma), Igiaba Scego, scrittrice, Khalid Chouki, responsabile immigrazione giovani PD alla Festa democratica di Ostia Antica.

Arnold Scharwenegger

Martina Navratilova

Isaac Asimov

Sono solo tre esempi di naturalizzati cittadini americani. Non sono nati sul suolo statunitense ma sono divenuti cittadini americani oltre che famosi scrittori, sportivi, governatore della California per due mandati.

L’unica cosa che non possono fare negli Stati Uniti è diventarne il Presidente. Ma i loro figli – se nati sul suolo americano – si.

E in Italia?

In Italia invece ci sono tanti “figli di un diritto minore”, tanti italiani per scelta a cui viene complicata la scelta. Tanti italiani per cultura la cui “italianità” ufficiale deve venire concessa dopo una corsa ad ostacoli contro la burocrazia.

Sono i cosiddetti immigrati di seconda generazione.

Definire le seconde generazioni è meno scontato di quanto non appaia.

Confluiscono in questa categoria casi assai diversi, che spaziano dai bambini nati e cresciuti nella società ricevente, agli adolescenti ricongiunti dopo aver compiuto un ampio processo di socializzazione nel paese d’origine.

La « Generazione 2 » riguarda i figli di immigrati nati in Italia; la « Generazione 1.75 » i bambini arrivati in Italia prima di cominciare la scuola; la « Generazione 1,25 » i ragazzi che emigrano tra i 13 e i 17 anni: quelli per cui l’integrazione sembra piu` difficile.

Una nuova generazione che, a differenza delle prime, matura aspettative sia da parte della famiglia che dalla societa` nella quale vivono. Che ha modi di vita, competenze e valori simili a quelli della popolazione autoctona. Che presenta tuttavia specificità e problematiche, spesso anche provocate da debolezze della società e della legislazione italiane.

Sono la “generazione Ballottelli” come sono stati definiti.

Ci dimostrano quanto sia vecchio un paese che ragioni ancora sul diritto di sangue per distinguere i propri cittadini. Sono le famose “seconde generazioni”, i giovani che sono nati in Italia o che ci sono arrivati in Italia prima di cominciare la scuola, che non possono essere definiti immigrati, perché non lo sono, ma nemmeno italiani perché il diritto di cittadinanza viene loro negato o ristretto.

A volte sono sospesi tra due mondi, quello di origine e quello nel quale si trovano a vivere. Ciò nonostante sono loro a mostrarci la possibile soluzione. Sono loro a mostrare una convergenza di abitudini, di costumi con i coetanei italiani, una voglia di integrazione con gli italiani e un’apertura mentale che si scontra con la chiusura della nostra società, della nostra legislazione e della proposta in esame.

Ma se vogliamo una vera integrazione non possiamo certo trattarli come “figli di un diritto minore”. Si, perché le seconde generazioni, gli “italiani col trattino”, oggi sono figli di un diritto minore, vittime di una visione anacronistica della nazione.

La crisi di identità c’è in chi non ha senso di appartenenza…e come volete che si crei questo sentimento, se i provvedimenti che proponiamo li emarginano rispetto ai coetanei, se frequentano le stesse scuole, hanno le stesse aspirazioni, gli stessi sogni ma ad un certo punto scoprono di non avere gli stessi diritti, le stesse opportunità.

Insistere sulle seconde generazioni è dunque utile anche per meglio spiegare come si dovrebbe realizzare quel processo di integrazione “a doppio senso” basato di un adattamento reciproco tra società di accoglienza e nuovi residenti, partendo dal rispetto reciproco e dalla dimensione umana – non di ordine pubblico o sicurezza – degli immigrati o dei “nuovi italiani”. Senza dubbio, le seconde generazioni possono da questo punto di vista divenire un potente fattore al servizio di nuove politiche di integrazione ma anche una spia del loro eventuale fallimento.

Lo sforzo che questo dibattito impone è grande, me ne rendo conto, richiede una apertura mentale tale da farci capire e accettare che si può essere italiani “per scelta”.

L’unico strumento per costruire insieme, con un atto di volontà individuale e collettiva, un nuovo patto repubblicano è la piena integrazione sancita dalla cittadinanza.

Alle piccole patrie etniche care alla Lega, dobbiamo rispondere con un nuovo patriottismo costituzionale italiano, con i piedi nel presente e lo sguardo rivolto al futuro.

Problemi: invisibilità – assistenzialismo – assenza di partecipazione

Strumenti: eguaglianza – legalità – rispetto reciproco

Risultato possibile: Nuova convivenza civile

Un tema centrale è il diritto di voto: funzionale al passaggio da politiche assistenziali e paternalistiche ad una piena partecipazione politica e civica basata su una piena eguaglianza di diritti e doveri.

La questione dell’immigrazione in Italia, invece, è oggi ridotta unicamente ad una questione di ordine pubblico. Ha perso, se mai l’ha avuto, qualsiasi aspetto umanitario.

Non si guarda alle persone, ai loro drammi. Non si guarda ad una vera convivenza civile, tutto è solo un problema di polizia.

Sull’immigrazione, infatti, occorre un nuovo approccio. E un problema su cui ci si divide troppo spesso tra ottimisti ciechi e pessimisti che vedono pericolo ovunque, tra chi fa lo struzzo e chi il gufo.

Diniego sociale della trasformazione della nostra società. Immigrati sono considerati invisibili. Li si espelle dal dibattito politico-sociale prima ancora di espellerli fisicamente.

Ma cosi si ribaltano i termini della questione!

Destra: basa la sua politica su un assunto folle: tanto più si rende la vita difficile agli immigrati, tanto più saremo sicuri.

Falso! Accade invece esattamente il contrario.

Cosi, a chi importa del danno sofferto da un bimbo che un giorno torna da scuola e non trova più suo padre, perché espulso, magari dopo essere entrato in Italia regolarmente, aver perso il lavoro, e quindi divenuto irregolare.

BOSSI FINI

Si, non mi stancherò mai di dirlo: la Bossi – Fini produce irregolarità, devianza, rischi, crimine.

Si basa su regole che annientano l’uomo mentre sarebbe nostro interesse avere regole a misura d’uomo, a misura della famiglia, a misura dell’educazione e della convivenza.

La Bossi- Fini e le proposte della maggioranza sulla cittadinanza, compiono la scelta della chiusura, della diffidenza, guarda al passato.

Chiusura e diffidenza verso i cittadini stranieri con prevalenza del legame di sangue con indebolimento del diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia, in netta controtendenza rispetto agli orientamenti dei principali paesi dell’Unione europea. Chiusura, diffidenza e basta? No, anche molta xenofobia e razzismo. Più volte l’Alto Commissario ONU per i diritti umani, Novi Pillay, ad esempio, ha affermato che in Italia ci sono pregiudizi pericolosi nei confronti degli immigrati da parte di politici e media e che dipingere gli immigrati come criminali può portare a nuove tensioni.

CITTADINANZA: SEMPRE PIU’ LONTANI DALL’EUROPA

Certo, la cittadinanza è una fondamentale scelta nazionale, una scelta che corrisponde alla visione di società e di convivenza civica di un paese.

Ma per un paese europeo, è anche un contributo alla realizzazione di una spazio di libertà, di diritti e di cittadinanza condiviso nella stessa Unione.

E guardiamo all’Europa allora. Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 2 aprile 2009, spronava gli stati membri a rivedere i modi di acquisto e perdita della cittadinanza per " offrire ai cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente in maniera prolungata l'opportunità di ottenere la cittadinanza dello Stato membro in cui risiedono"; invitava a riesaminare le loro leggi sulla cittadinanza e ad esplorare le possibilità di rendere più agevole per i cittadini non nazionali l’acquisizione della cittadinanza e il godimento dei pieni diritti, superando la discriminazione fra cittadini nazionali e non nazionali, in particolare a favore dei cittadini dell’Unione; e suggeriva di favorire lo scambio di esperienze sui sistemi di naturalizzazione per un maggiore coordinamento quanto ai criteri ed alle procedure di accesso alla cittadinanza dell'Unione, in maniera tale da limitare le discriminazioni che i diversi regimi giuridici comportano.

Certo, la cittadinanza non garantisce automaticamente l’integrazione, ma non c’è vera integrazione senza cittadinanza.


Fonte: http://www.facebook.com/notes/sandro-go ... 1091621238


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MessaggioInviato: 28 giu 2010, 17:52 
Clandestino

Iscritto il: 02 giu 2008, 14:53
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Già!!


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