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MessaggioInviato: 23 mag 2010, 20:52 
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dal blog I NUOVI ITALIANI di Corrado Giustiniani

Cita:
Estate record per le nascite, negli ospedali e nelle cliniche di Milano: nell'arco degli ultimi due mesi i fiocchi rosa e quelli azzurri (che sono in prevalenza) sfiorano le 4 mila unità, ha appena annunciato il Corriere della Sera. Ma ciò che colpisce è la quota di neonati con entrambi i genitori stranieri, che varia dal 21 per cento della clinica Mangiagalli al 35 per cento dell'ospedale dei bambini Buzzi: in media, un parto ogni quattro, con tendenza a uno ogni tre. In Italia i nati da mamma e papà stranieri sono oltre 60 mila all'anno, e più di 400 mila è il totale consolidato, secondo l'Istat. Se ci allarghiamo a quei minori che sono nati all'estero e giunti nella penisola da piccoli, superiamo agevolmente quota 700 mila. L'esercito delle "seconde generazioni" è la prova lampante di come in Italia l'immigrazione abbia ormai da tempo un carattere strutturale.

Ora, mentre negli Stati Uniti chiunque nasca nel territorio federale è immediatamente americano, in Italia la legge n.91 del 1992 impone al bimbo un calvario incredibile: potrà rivendicare la cittadinanza italiana soltanto al compimento dei 18 anni, e alla sola condizione che abbia trascorso ininterrottamente in Italia tutto questo periodo. Un intervallo di un anno, passato al seguito del papà che magari ha trovato un lavoro a termine in Svizzera, e il progetto salta. Stiamo parlando di bambini che in vita loro non hanno visto altro paese che l'Italia, che parlano italiano, tifano per la nostra nazionale e cantano l'Inno di Mameli. A chi conviene che sino ai diciott'anni non siano nè carne nè pesce? Un governo attento ai problemi della sicurezza, preferisce forse abbandonare le seconde generazioni in questo limbo? Non è più opportuno (oltre che più giusto) cercare di integrarle, anche con l'attribuzione della cittadinanza italiana? La speranza è che una risposta positiva a questo problema tremendamente serio e attuale arrivi già in autunno.

Non credo però che la risposta giusta per l'Italia sia l'attribuzione della cittadinanza alla nascita, senza alcun contrappeso, come avviene negli Usa. Una soluzione del genere era stata adottata negli anni scorsi dall'Irlanda, che poi ha fatto marcia indietro perché troppe donne straniere venivano a partorire nel territorio del paese, per cogliere i vantaggi di avere un figlio europeo. L'idea migliore è invece quella contenuta nel disegno di legge di riforma della famigerata legge 91, che giace in Parlamento dalla scorsa legislatura: il bimbo, oltre ad essere nato in Italia, deve avere almeno un genitore che risieda regolarmente e continuativamente nel territorio della penisola da almeno cinque anni, e che possieda i requisiti di reddito per ottenere la carta di soggiorno: il bambino, dunque, deve nascere da una famiglia sufficientemente integrata nella nostra società.

Se poi il ragazzino non è nato in Italia, ma ci è arrivato nella minore età, per ottenere la cittadinanza, in base alla proposta di legge, dovrà aver frequentato un intero ciclo di studi (le elementari o le medie inferiori o un istituto superiore) oltre ad avere un genitore con almeno cinque anni di residenza legale, e risiedere lui stesso presso di noi da almeno cinque anni. Ci sembra una soluzione intelligente ed equilibrata.

Perché dico che l'autunno 2008 è la stagione giusta per lanciarla? Perché il governo ha già anticipato per disegno di legge una norma di quel progetto di riforma della scorsa legislatura: quella che ostacola i matrimoni di comodo, aumentando da 6 mesi a due anni il periodo di convivenza obbligata dopo il matrimonio, prima che il coniuge straniero possa presentare domanda di cittadinanza. Si tratta solo di aggiungere, nel dibattito parlamentare, un emedamento con le norme su neonati stranieri e seconde generazioni. La politica dell'immigrazione del governo Berlusconi, fino ad oggi, è stata alquanto asimettrica: non si può soltanto inasprire, limitare, reprimere (sempre poi che le misure finora varate siano adatte allo scopo), bisogna anche offrire un percorso di integrazione a chi è venuto in Italia con buone intenzioni, e che contribuisce positivamente al funzionamento della nostra società.


Fonte: http://www.ilmessaggero.it/home_blog.ph ... 3&idaut=11


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