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 Oggetto del messaggio: Il primo voto di Si Mohamed Kaabour
MessaggioInviato: 31 mar 2010, 16:13 
G2 con doppia cittadinanza
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Il primo voto di Si Mohamed Kaabour
Scritto da Nando dalla Chiesa

il Fatto Quotidiano

28 marzo 2010

Quasi un guizzo. Nell’aula magna della facoltà di lettere, tra gli stucchi e i grandi quadri barocchi, prende la parola un giovane di colore. Fisico asciutto e un pizzetto sul mento. Io andrò a votare, dice. L’ho desiderato per anni, di votare in Italia. E ora che ho avuto la cittadinanza lo farò. Genova, vigilia elettorale. Giorni entusiasti e più spesso scettici, infarciti di non so se vado, mi hanno deluso troppo, bisogna dargli una lezione. Fino al colpo di reni del primo voto, non quello consueto del diciottenne. Di anni, Si Mohamed Kaabor, ne ha ventiquattro. E’ arrivato in Italia da Casablanca nel ‘92 con le sorelle, a rimorchio del padre cromatore, dopo la mamma e il fratellino più piccolo. Gli piace il dibattito sulla sicurezza a cui sta intervenendo. Gli piace vedere altri italiani che sull’immigrazione la pensano come lui, costretto a scontrarsi ogni giorno con i pregiudizi. Ma costretto anche a negoziare; soprattutto -confessa- con la sua coscienza, per tenersi in corpo quello che a volte gli verrebbe di gridare.

Si Mohamed ha fondato un’associazione con sei amici. Si chiama “Nuovi profili”. Con diverse decine di persone si trovano ogni lunedì in un locale del centro storico. Per aiutare chi, diversamente da lui oggi, è “straniero” in Italia. E’ stato anche tra gli organizzatori della giornata del 1° marzo. “Il maggior pericolo è la relativizzazione di certi concetti”, spiega, parlando e gesticolando in perfetto italiano. “Prenda il concetto di libertà, per esempio. O quello di democrazia. Che cosa vogliono dire queste parole inserite in certi discorsi? A volte uno legge la Costituzione e gli sembra un libro di Pinocchio. Tutte bugie, se appena conosce la realtà. A partire dall’articolo 3. Senza distinzioni di razza, c’è scritto. Io sono riuscito a saltare fuori dalla mia condizione di ‘straniero’ solo grazie al fatto che ero ‘studente’; e poi grazie al fatto che, nello scorso marzo, sono diventato ‘cittadino’. A ogni condizione, uno scalino di dignità in più.”

Divieti e permessi, permessi e divieti. Laureato in lingue, ora proiettato verso la laurea specialistica in interculturalità, gli è anche accaduto di essere licenziato dalla scuola media genovese dove, come insegnante, faceva eccellere il suo buon italiano e l’amore (ricambiato) per i ragazzi. Motivo: non aveva ancora la cittadinanza. Si è appellato al diritto europeo e ha vinto il ricorso. Verso il quale il Ministero ha fatto ricorso a tempi di record. Oggi che è a posto con la burocrazia è tornato a insegnare alla Caffaro, un’altra scuola media cittadina.

Discriminazioni e odissee lo hanno così convinto ad aprire una inedita battaglia per difendere la nostra (e ora sua) Costituzione. E l’ultimo passo lo ha fatto proprio in questi giorni. Un esposto contro un candidato alla Regione, Edoardo Rixi, segretario genovese della Lega. Per chiedere l’applicazione dei reati di propaganda di idee fondate sull’odio razziale o etnico nonché di istigazione alla commissione di atti di discriminazione “per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Lo spunto? Un manifesto elettorale che raffigura alcuni stranieri di diversa etnia (l’arabo con il viso feroce e con la scimitarra) mentre fanno la coda alla Regione Liguria allontanando un povero pensionato invalido italiano. Ma anche la propaganda contro la moschea che la sindaco Vincenzi ha promesso in nome della libertà religiosa, e soprattutto l’indicazione di quel luogo di culto come futuro covo dei terroristi di Al Qaeda.

Insomma, ci dice Si Mohamed, i nuovi cittadini italiani daranno filo da torcere ai propagandisti del veleno xenofobo che circola da tanto tempo nel nostro corpo sociale. Per questo, anche, ricordano il giorno della loro cittadinanza come uno spartiacque. Lui il suo lo ricorda bene. “La vigilia pensai: domattina tutto cambierà, che lo vogliano o no io diventerò un italiano. Quando poi arrivai finalmente davanti all’ufficio del Comune immaginai la scena di un salone con in fondo una grande bandiera italiana. Mi vedevo con la foto del presidente Napolitano che mi fissava dall’alto e mi diceva ‘Siamo fieri di te!’

Bussai più volte alla porta, finché mi si presentò un sosia malconcio proprio del Presidente Napolitano con un pail azzurro tempestato di peli di gatto bianco. L’ufficio era grande ma la bandiera non c’era. Restai perplesso. L’impiegato mi accolse con in mano una fascia tricolore sbiadita e mi fece segno di seguirlo nell’altra stanza. Allora pensai: sicuramente sarà la Stanza dei Giuramenti, lì ci sarà una bandiera come si deve… La stanza invece era piccola. Mi guardai intorno: né bandiera né foto di Napolitano. Mi venne il dubbio che fosse una trappola, ne avevo sentite di storie del genere. Ti mandano la lettera di convocazione a casa e tutto d’un tratto ti ritrovi su un aereo diretto in Africa. Poi una vecchia stampante cominciò a borbottare qualcosa. Vidi scritto il mio nome sul foglio. L’impiegato mi spiegò in cosa consistesse il giuramento porgendomi un libro. C’era la frase che avrebbe dato inizio alla mia nuova persona: ‘Giuro fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione Italiana’. Mi emozionai talmente a pronunciare queste parole che mi sentii battere forte il cuore. ‘Grazie e benvenuto!’ mi disse allora lui. Mi guardai intorno e non vedevo valigie. Non ero sceso da un gommone. Perché benvenuto allora? Poi capii. Per lui ero arrivato solo in quel momento. Mi ero spostato da una parte all’altra del mondo senza muovermi. Capisce ora perché io a votare ci vado?”

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Essere umano in divenire


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