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Cittadini italiani sì, ma non sulla carta
di Tonia Garofano

Una telefonata inattesa, una notizia importante, una gioia inseguita. «Sono Donia, avrò la cittadinanza».
È la storia che ci racconta Karima Moual, una storia a lieto fine, una storia felice. E dai suoi occhi neri e penetranti traspare tutta la felicità, tutto l’orgoglio di essere stata un tassello fondamentale di questa storia, tutto la soddisfazione di riuscire, con il proprio lavoro, a raggiungere talvolta un fine più alto, a raggiungere talvolta chi ha le competenze e le responsabilità per cambiare e migliorare le cose in questa nostra Italia.

È la storia di «Donia Esmail Mohamed, 22 anni, una studentessa come tante. Accento romano, ma lineamenti che ricordano una statua di Cleopatra, perché lei, sì è nata in Italia, ma i lineamenti non tradiscono le origini dei suoi genitori, madre somala e padre egiziano. In 22 anni, non ha mai lasciato l’Italia Donia: non conosce né la lingua madre dei genitori né il loro paese di origine. Semplicemente perché là non è mai andata. Per lei c’è solo l’Italia. Nonostante ciò nella sua carta d’identità, sotto la voce "cittadinanza", c’è scritto "egiziana" e con essa tutte le difficoltà e le instabilità che uno straniero oggi è costretto ad affrontare. Donia frequenta una scuola di lingue straniere che, per migliorare le capacità degli studenti organizza stage all’estero (anche per avere più crediti). Ma Donia non è ancora riuscita a sfruttare questa grande opportunità come i suoi compagni, non riesce ancora. Una forte discriminazione che sente di subire», scrive Karima sul Sole 24 Ore del 15 ottobre 2009.

Donia è nata, cresciuta in Italia. Si è sempre sentita italiana ma la legge non l’ha mai considerata tale. Era da quattro anni, da quando ha compiuto 18 anni, che provava a richiedere la cittadinanza e da quattro anni che le veniva puntualmente rifiutata: il certificato di un solo mese di residenza in Italia mancava. Un solo mese non dichiarato in tempo, diventato ostacolo e attesa, per quattro anni. «Vivo legata ad una ricevuta di permesso di soggiorno, con il terrore, il dubbio che non mi venga rinnovato e che possano rimandarmi con la nuova legge sul reato di clandestinità, nel paese di origine dei miei genitori, nel quale non ho mai vissuto», confida Donia a Karima sempre sul Sole 24 Ore.

«Donia è riuscita ad avere la cittadinanza solo perché la sua storia è diventata di dominio pubblico: la raccontai sia attraverso un mio piccolo documentario intitolato Ital/ieni, attraverso il quale diffusi le storie di ragazzi di seconda generazione, nati in Italia ma privi di cittadinanza per errori burocratici, sia attraverso un articolo su Il Sole 24 Ore. Il caso di Donia era così assurdo, che ha attirato l'attenzione del prefetto Mario Morcone. Ci hanno chiamato in redazione e ci hanno informato che Donia sarebbe diventata cittadina italiana», ci dice Karima Moual, ripercorrendo la storia di Donia e raccontando il suo impegno, la sua attenzione, la sua gioia.

«Alla notizia non potevo che esserne felice. Mi ha anche ricordato la mia felicità: la felicità di quando anche io diventai cittadina italiana. Donia era entusiasta e orgogliosa di essere stata finalmente riconosciuta, anche dalla legge, come cittadina italiana. Donia si è sempre sentita italiana; è una ragazza giovane, con tanti sogni e con la cittadinanza italiana, avrebbe finalmente potuto sperare, credere di realizzarli. È proprio questa certezza che manca a molte seconde generazioni: senza la cittadinanza non possono sognare come i propri coetanei, si accorgono solo dopo, che non sono uguali, perché non possono usufruire degli stessi diritti dei propri coetanei».

E la storia di Donia diviene l’occasione per ricordare i tanti che ancora oggi non possono gioire dello stesso lieto fine, i tanti, figli dell’immigrazione, che ancora oggi si affannano tra permessi di soggiorno e rogne burocratiche, sognando la cittadinanza italiana. «Per molti è uno shock il compimento dei 18 anni, perché si materializzano le differenze, le difficoltà che gli immigrati si trovano ad affrontare; anche se, in realtà, i giovani di seconda generazione non sono mai emigrati in Italia o per lo meno non hanno deciso di emigrare. Loro ci sono nati in Italia, ci sono cresciuti fin da bambini», precisa categorica Karima. Le difficoltà che Donia ha oggi finalmente superato sono condivise da centinaia e centinaia di giovani: «Un fenomeno destinato a crescere se si consultano alcuni dati sulle nascite dei figli degli stranieri: nel 2007, i nati di cittadinanza non italiana hanno superato quota 64mila, pari all’11,4% del totale».

«La legge attuale sulla cittadinanza, è una legge datata, adatta al secolo scorso – afferma quasi irritata Karima -. Basterebbe questo per farci riflettere. L'Italia di oggi è davvero cambiata, non è più il paese degli emigranti italiani. L'Italia di oggi è un paese multiculturale e multireligioso. L’attuale legge sulla cittadinanza non si addice a questo paese, perché esclude il futuro, fatto anche di immigrati e di seconde generazioni. Non è più possibile, dopo essere nati in un paese, dover attendere solo il diciottesimo anno per avere la cittadinanza. L'acquisizione della cittadinanza è la più alta forma di integrazione, in essa bisogna credere, in essa bisogna investire. Non credere e non investire nei nati in Italia, nei figli degli immigrati, è un grande errore, che verrà pagato con il ritardo sulla via dell'integrazione, con il ritardo nella crescita e nel cambiamento dell'Italia».

E con Karima Moual, ci chiediamo se «non è forse giunto il momento di adottare un criterio più moderno di riconoscimento dei diritti civili e umani, per non creare una pericolosa enclave di malcontento all’interno delle nuove future generazioni».

26 gennaio 2010


Fonte: http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.as ... rca&page=1


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