Forum della Rete G2 – Seconde Generazioni

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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 30 nov 2009, 22:41 
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I GIOVANI IMMIGRATI CAMBIERANNO IL NOSTRO PAESE?

Un Confronto tra la realtà nazionale e quella locale

Mercoledì 9 dicembre

15.30 – 18.00

presso il CIDI di Napoli

Via Trinità degli Spagnoli, 41

Saranno presenti:

Gli autori del libro “I nuovi italiani”

Gianpiero Dalla Zuanna - Docente di Demografia all’Università di Padova

Salvatore Strozza - Docente di Demografia all'Università di Napoli Federico II

Interventi di:

Paolo Landri - Ricercatore Irpps Cnr

Aldo Musciacco - Insegnanti Senza Frontiere Onlus

Elena de Filippo - Cooperativa Dedalus

Yulya Kovpak - Associazione Yad Fi Yad

Coordina Annamaria Palmieri - CIDI di Napoli

“Clandestini: Tratti, Frammenti ed altro su un Universo Invisibile”

Un ciclo di incontri, letture e spettacoli per superare il pregiudizio e la falsità...

Per mettere al centro le persone, i loro diritti e i loro desideri.


Nuovi italiani

I ragazzi stranieri sono ormai una quota considerevole, e crescente, della popolazione giovanile in Italia.

Se è vero che i giovani rappresentano il futuro di un paese, una parte importante del nostro futuro sarà affidata a questi nuovi concittadini. Quali sono le loro speranze e le loro possibilità? La prima ricerca nazionale su questi temi, qui presentata, dice anzitutto che la scuola anche oggi, come ai tempi di don Milani, perpetua le differenze sociali. I giovani stranieri ottengono risultati scolastici peggiori rispetto ai coetanei italiani. Il rischio è che si riproponga da noi quanto già accaduto altrove: se non raggiungeranno posizioni sociali migliori di quelle dei genitori, questi giovani svilupperanno rancore e ostilità verso la società ospite. Altre paure, invece, non sono fondate. Le ragazze e i ragazzi stranieri non frenano la modernizzazione culturale. Al contrario, dalla ricerca emerge che essi hanno atteggiamenti meno tradizionali dei giovani italiani, pur provenendo da paesi dove famiglia e clan sono gli assi portanti della società.

Gianpiero Dalla Zuanna – Patrizia Farina - Salvatore Strozza,

Nuovi Italiani. I giovani immigrati cambieranno il nostro paese?

Il Mulino, 2009


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Locandina: http://www.coopdedalus.it/notizie/2009- ... ALIANI.pdf


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MessaggioInviato: 30 nov 2009, 22:57 
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Immigrati a chi?

Non è la parola "immigrati" che ci offonde, ma il suo uso fuori luogo, errato ma dalle conseguenze concrete molto importanti.

Se vogliamo "integrare" cominciamo a farlo a partire dalla lingua, attraverso un uso più ragionato di categorie escludenti come "immigrati" e "stranieri": che senso ha escludere prima attraverso le parole per poi assumersi il compito di "intregrare" (pure questo, spesso, soltanto a parole) nei fatti?

Le seconde generazioni che sono nate qui non hanno effettuato alcuna migrazione, e quelle che sono arrivate qui da piccole e qui sono cresciute non hanno fatto alcuna scelta migratoria consapevole, sono stati portati o meglio tras-portati in questo paese (che di solito sentono come loro paese).

Manderò questa segnalazione agli organizzatori dell'evento.


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MessaggioInviato: 01 dic 2009, 11:15 
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Ci ha risposto Andrea Morniroli di Cantieri Sociali e Cooperativa Dedalus (Napoli):

Cita:
Salve
intanto grazie per la vostra precisazione...le questioni lessicali, concordo con voi, hanno senso e le parole vanno utilizzate bene per evitare confusioni o, magari senza volerlo, strutturare differenze. E', inoltre possibile che gli autori del libro abbiano sottovalutato tale aspetto (per altro invieremo anche a loro tale precisazione) ma credo, conoscendo soprattutto Salvatore Strozza che la cosa non abbia altri portati teorici.....visto che parliamo di parole vi sottolineo invece la mia antipatia per la parola "integrare", perchè presuppone che vi sia una parte che si deve integrare ad un'altra in un rapporto non paritario...preverisco convivenza, reciproco riconoscimento, ecc...
In ogni caso ci piacerebbe che la vostra riflessione potesse trovare uno spazio anche nel confronto del 9 dicembre, o in un'altra occasione da organizzare insieme per l'anno nuovo...mi rendo conto che la data è oramai vicina e che gli inviti sono definiti ma non ci dispiacerebbe una vostra presenza.
Un cordiale e vicino saluto
Andrea Morniroli

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MessaggioInviato: 03 dic 2009, 17:13 
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Replica del prof. Salvatore Strozza, uno degli autori del libro "Nuovi Italiani":
Cita:
Grazie per questo avvio di discussione per niente formale, visto che dietro le parole, volontariamente o involontariamente, possono o potrebbero esserci modi di vedere e di sentire differenti. Comprendo perfettamente le obiezioni e condivido la risposta di Andera Morniroli che apre ulteriori questioni lessicali e teoriche sulle quali credo anch'io che sia necessario confrontarsi.

Voglio però chiarire che nel libro parliamo (il sottoscritto, Gianpiero Dalla Zuanna e Partizia Farina, a cui invio per conoscenza questa e-mail) di "figli di immigrati" e usiamo sempre questa espressione per comprendere non solo le seconde generazioni in senso stretto (figli di immigrati nati in Italia) ma anche quelle in senso lato, (figli di immigrati arrivati in età prescolare e scolare), queste ultime definite nella letteratura nord-americana generazioni 1,75, 1,50 e 1,25 a seconda dell'età all'arrivo.

Il titolo del libro è "Nuovi Italiani", è nel sottotitolo che si parla di "giovani immigrati". Senza andare a ricercare ragioni che forse non ci sono, devo dire però che a me questa combinazione (tra titolo e sottotitolo) piace davvero tanto perché racchiude i due modi estremi e contrapposti di vedere il fenomeno. I figli degli immigrati giustamente si sentono italiani, è questo il loro mondo, e tali dovrebbero essere, ma solo in pochi hanno la cittadinanza italiana (il verde nel titolo è anche una speranza). Non di rado sono visti però come immigrati-stranieri, che è la combinazione peggiore (oltre che una definizione errata ed escludente). Nel titolo complessivo del libro ci sono queste due visioni contrapposte, con l'aspettativa e la richiesta che i nuovi italiani possano avere gli stessi diritti di cittadinanza degli altri italiani. Uno degli auspici è infatti che la normativa italiana sulla cittadinanza possa essere adeguata per poter stare al passo con i tempi e con l'effettiva realtà italiana attuale, di una società che deve per forza di cose diventare sempre più interculturale.

Per questo siamo ottimisti, visto che i ragazzi figli di immigrati sono una risorsa eccezionale per l'Italia, e nello stesso tempo preoccupati, perché l'Italia non riesce a garantire loro un sistema scolastico che valorizzi a pieno le loro capacità consentendo in breve tempo di superare quelle difficoltà/barriere che rallentano o deviano il loro percorso formativo.

Ancora grazie per i commenti, cordialmente,



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MessaggioInviato: 03 dic 2009, 17:15 
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La mia risposta:

Cita:
Grazie prof. Strozza per aver dato seguito alla nostra nota.

A questo punto ci prendiamo l'impegno di leggere il libro (almeno io che non l'ho ancora letto, sicuramente qualcuno del gruppo lo ha fatto) e di commentarne il contenuto.

Io non sò se sia un caso, ma vi riporto un commento a questo articolo sul Messaggero (http://www.ilmessaggero.it/articolo.php ... SPETTACOLO) intitolato <<"Nuovi italiani", i giovani immigrati? Nient'affatto bamboccioni>> che parla proprio del vostro libro:

"Bamboccioni?

Scusate voi fate l'equazione per cui coloro che non si staccano dalla famiglia di origine sarebbero dei bamboccioni.
E' evidente che gli stranieri siano meno legati alle famiglie di origine: ce l'hanno lontane! Che scoperta.
La verità è che la società italiana favorisce chi resta in famiglia. Io non l'ho fatto per necessità, non per volontà.
Faccio notare poi che per coerenza mi piacerebbe che qualcuno chiamasse bamboccioni anche i giovani industriali italiani, che sono tutti figli di famiglie di insutriali già note: da elkann a marcegaglia, da Marzotto a Benetton. Sono tutti bamboccioni? Come mai in Italia giovani industriali che non siano figli di indistriali non ce ne sono? Non confondiamo i colpevoli con le vittime!!!!"

Probabilmente chi ha scritto questo commento non si è neanche soffermato a leggere l'articolo, però ha ben chiaro in testa che i "giovani immigrati" hanno le famiglie lontante, proprio perché sono "immigrati"!

Se da un lato posso approvare la volontà di porre in rilievo il fatto che i figli di immigrati oscillano tra due mondi - quello dei genitori direttamente legato alla migrazione e quello della società in cui crescono che li porta a sentirsi del tutto italiani - il risultato concreto è banalmente un altro, riassumibile pressapoco nel commento sopracitato.


ps: carino il lettore mp3 sulla copertina! : - ) Cosa vuole simboleggiare?

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MessaggioInviato: 04 dic 2009, 12:54 
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Altro appunto dal prof. Strozza:

Cita:
Devo fare una rettifica a quanto detto nel precedente messaggio. Effettivamente tra noi autori del volume ci siamo detti che avremmo utilizzato ed alle volte abbiamo utilizzato l'espressione "figli di immigrati" ma nel testo troverete anche giovani stranieri, figli di stranieri, ecc. Per scrupolo sono andato a sfogliare il volume e mi premeva sottolinearlo.

Come credo che vadano considerate anche altre riflessioni che sono emerse sui massmedia o su internet dalla lettura del volume, per questa ragione ne segnalo due tra le altre, tenendo conto che diverse mi sfuggono così come non ero a conoscenza dell'articolo sul Messaggero. Le due a cui mi riferisco sono rintracciabili nei seguenti link:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... degli.html

http://www.associna.com/modules.php?nam ... le&sid=747

E poi come non sottolineare che ormai alcuni giornali come la Repubblica parlano da tempo in modo attento di figli di immigrati. Infine, vi segnalo la trasmissione di Radio3 del 18 agosto scorso, a cui ho partecipato e sono rimasto davvero stupito per la professionalità e la preparazione del conduttore:

http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenhe ... _ID=295188 .

Anche a me è piaciuta la scelta dell'editore per la copertina (non so se è dovuta ai miei colleghi). Credo che ciascuno di noi possa immaginare cose diverse. La prima cosa che ho pensato è che i ragazzi sono tutti uguali e l'mp3 è forse uno dei simboli di molti dei preadolescenti e adolescenti di oggi, più o meno senza distinzione di ceto-sociale, origine etnica, appartenenza religiosa, ecc.

Cordialmente,

Salvatore Strozza

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MessaggioInviato: 04 dic 2009, 15:14 
Sergente di ferro
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Iscritto il: 03 lug 2006, 11:07
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non sarebbe male partecipare il 9 dic. ed è bello scoprire che inizi ad esserci un pò più di consapevolezza anche da parte degli studiosi...


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