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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Lettera alle seconde generazioni
MessaggioInviato: 16 ott 2008, 12:34 
Clandestino

Iscritto il: 07 ott 2008, 00:14
Messaggi: 5
Cari amici,

siamo i componenti della redazione di Trickster (http://intercultura.ning.com). Ci piacerebbe molto leggeste una lettera che abbiamo inviato alle seconde generazioni ma pensando non solamente a loro. E' quindi una lettera indirizzata anzitutto a voi ma anche a tutti quegli italofoni, giovani o meno, nativi o meno, interessati però a una cooperazione culturale. Il testo completo, si trova a questo indirizzo: http://tricksterici.wordpress.com ed apparirà nel prossimo numero di Trickster, rivista di Studi interculturali (http://www.trickster.lettere.unipd.it) con tutti i commenti che susciterà.

Abbiamo sensazione che si tratti oggi di far un salto innanzi per dar luogo a un lavoro sulla cittadinanza esteso oltre i perimetri delle G2. In certo senso tutti in quanto italiani di prima, seconda o ennesima generazione avremmo bisogno di un nuovo modello di cittadinanza italiana. Qui di sotto trovate alcuni degli interrogativi presenti nella lettera e in cerca di una risposta collaborativa. Vi siamo molto grati per il tempo che potrete
dedicare alla lettura, per gli eventuali commenti che vorrete lasciare e per la divulgazione che riterrete di dare al testo,

i Tricksterici
http://intercultura.ning.com



Citazione da "Lettera alle seconde generazioni" (http://intercultura.ning.com)

(...) "Se guardata da un versante riflessivo e parziale, le G2 sono testimonianza di una società incapace di riconoscere ciò che è diventata, ciò che attualmente è. Essa continua a immaginare di essere, identica a se stessa, qualcosa che forse mai è stata. Un'Italia immaginaria. Dal punto di vista dell'agire culturale e politico, le G2 pongono invece con forza all'Italia il problema di ripensare se stessa: cosa significa essere italiani oggi? Chi è l'italiano oggi? Insomma con il loro uso della lingua italiana, e dell'immaginazione che si associa a siffatte vicende individuali, pongono il problema politico e culturale di ripensare la cittadinanza italiana.

"Vi chiediamo:
"rivendicare la cittadinanza è per voi solo un modo per "integrarsi" e diventare "come loro" (italiani con pieni diritti) o ha in sé un potenziale di rimessa in discussione dell'istituto e del concetto di cittadinanza? Vi chiediamo e ci chiediamo: diventare "nuovi italiani" significa rimettere in discussione il senso dell'italianità? Ossia vi chiediamo, nella rivendicazione di parte c'è anche un conflitto più ampio? E quindi, ciò che ci domandiamo è se riteniate sufficiente a livello politico la rivendicazione della cittadinanza in base allo ius soli o se questa rivendicazione debba essere articolata in un discorso più ampio, che, per dirla con ironia, non riguardi "solo voi". (...)


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 Oggetto del messaggio: Re: Lettera alle seconde generazioni
MessaggioInviato: 26 gen 2009, 19:04 
G2 con doppia cittadinanza
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Iscritto il: 28 giu 2007, 22:16
Messaggi: 1848
Località: provincia di Perugia
LA MIA RISPOSTA ALLE AFFERMAZIONI QUALUNQUISTE SUL BLOG DI TRICKSTER:


Mi dispiace molto che il vostro sia stato fino ad ora sostanzialmente un monologo.
Intendo dire che la vostra lettera non ha avuto risposta alcuna dai destinatari della stessa.

Proverò a rimendiare, anche se con un certo ritardo.
Sono ahimsa, di G2 Seconde Generazioni. Parlo a titolo personale di membro, e non a nome dell'associazione, che è composta di varie anime e non da una sola e univoca voce.

Innanzitutto rispondo alla vostra lettera. Non ci siamo costitutiti per dare risposte a concetti fumosi come "integrazione",
Rivendicare la cittadinanza non è nè un modo "per integrarsi" (perchè se una tale parola ha senso, noi riteniamo di essere già integrati, perchè nati qui oppure qui cresciuti e scolarizzati, "acculturati") nè per essere "come loro": nei diritti e doveri sì, essere come ogni italiano indigeno o autoctono, ma non necessariamente riconoscersi in una "identità italiana", perchè questi concetti sono relativi e malleabili.

Forse le nostre istanze vi risulteranno più intellegibili se cercaste di inserirle in un contesto storico più ampio: diritti per tutti gli uomini di qualsiasi fede religiosa; diritti per tutti gli uomini, a prescindere dal censo; pari diritti per tutti, a prescindere dalla etnia; pari diritti per tutti, uomini e donne. E dopo di noi verranno gay, lesbo e transgender.

Mantenere fette consistenti della popolazione al di fuori dei diritti civili e politici è fare un grosso danno alla democrazia. Qui non stiamo parlando ancora di identità, integrazione o quant'altro.

Se aveste cercato di conoscerci meglio prima di scrivere le cose che avete scritto, forse non avreste scritto le cose che avete scritto. O almeno non in questi termini.

La battaglia politica è inevitabile. Le leggi le fa il Parlamento, o sbaglio?
Questo è l'obiettivo contigente, prioritario.
Poi la rivendicazione deve ANCHE essere articolata in un discorso più ampio, che deve riguardare TUTTI perchè nei fatti riguarda la vita democratica del paese.
Per questo l'obiettivo immediatamente seguente a quello di pressione politica riguarda la "rivoluzione culturale" dell'Italia, e da parte nostra cerchiamo di lavorare in questa direzione intervenendo in ogni ambiente (risorse umane e portafoglio permettendo) che sia interessato ad ascoltare le nostre istanze, e cerchiamo spazi nei media.
Inoltre stiamo lavorando nelle scuole, con insegnanti e studenti, perchè lì si sta formando la società multicolore dell'Italia di domani. Questo è l'obiettivo di lungo periodo.

Cosa significa essere italiani oggi? Chi è l’italiano oggi?
In un secolo e mezzo di Unità d'Italia non si è riusciti a dare risposte a queste domande.
Siamo sicuri di riuscire a trovare risposte oggi?
Queste domande non sono un po' anacronistiche?
Non è anacronistico parlare di "identità" (e possiamo aggiungere l'aggettivo "nazionale", che è sottinteso ma presente. Mi pare che Luigi Einaudi avesse detto che la nazione è una categoria sociale che non esiste e non può esistere)?

Faccio un incipit: secondo me molti "addetti ai lavori" - di destra e di sinistra - sono più interessati a questioni identitarie, culturali, antropoligiche, nazional/iste, "storiche, letterarie, teologiche, psicologiche, artistiche…", e molto meno ai problemi di status giuridico delle seconde generazioni.
Trickster dove si pone? Io da questa "lettera alle seconde generazioni" non l'ho capito.

A cosa serve la definizione "Seconde Generazioni"?
Partiamo dall'ABC.
Perchè non sono immigrati, e non possiamo chiamarli immigrati, perchè sono nati qui, oppure sono arrivati qui da piccoli, quando non potevano decidere volontariamente di immigrare, e sono stati portati, come si porta una valigia.
Perchè non sono italiani, perchè non hanno gli stessi diritti di un italiano.
E' una definizione transitoria, funzionale, "spuria e temporanea, funzionale e difettosa" come dice Andrea qualche commento più in basso. Speriamo presto di non averne più bisogno, ma ora come ora non possiamo farne a meno. Non ci stiamo autodiscriminando. Non portiamo scritto "seconde generazioni" sulla fronte o sulla maglia. Al lavoro, a scuola, all'università, con i nostri amici siamo degli "italiani (quasi) normali", "italiani con il permesso di soggiorno". Non ci dà neanche autorevolezza. Non ci fa accelerare il rinnovo del permesso di soggiorno (io lo sto aspettando SOLO da un anno e due mesi), non ci fa viaggiare più facilmente, non ci fa ottenere un lavoro nel settore pubblico, non ci fa partecipare al servizio civile, non ci fa fare un dottorato. Quindi questa definizione non ci rende più autorevoli.

Rappresentanza e autoreferenzialità.
Non siete i primi a porre questa questione.
Chi "rappresentiamo"? Chi rappresenta "G2 Seconde Generazioni"?
Rappresenta TUTTE le seconde generazioni poichè si fa portavoce dei loro problemi burocratici, che sono noti. NON rappresenta il modo di pensare di ogni seconda generazione. Non siamo un sindacato che tutela solo i suoi iscritti. Ci battiamo anche per chi non ci conosce. E farci conoscere non è una nostra priorità (anche perchè non possiamo permettercelo). Autoreferenziali? La cittadinanza è autoreferenziale? Riguarda solo le poche centinaia di membri di G2 Seconde Generazioni? MA riguarda UN MILIONE di figli di immigrati OGGI e ne riguarderà sempre più in futuro!

Le affermazio di Karim Metref non stanno nè in cielo nè in terra.
E poi che c'azzeccano con la vostra lettera?
Chi sta trattando con disprezzo chi?
Chiedere più diritti significa negarli a qualcuno?
Alle prime generazioni? Quest'ultime hanno molti meno problemi rispetto alle seconde generazioni! Solitamente lavorano e riescono ad ottenere la carta di soggiorno con maggiore facilità. Inoltre non si pongono nemmeno il problema di "essere o non essere italiani".

Emilio sta parlando del nulla più assoluto. Potresti tradurre per piacere?
I movimenti di senconde generazioni in Italia sono tanti, e noi siamo solo uno di questi (anche se l'unico "laico", solo per la connotazione trasversale rispetto ai paesi d'origine, per gli obiettivi, che sono essenzialmente politici, e in questo senso trasversali) Sono i media che non se ne sono interessati.
Ad Emilio consiglio una lettura illuminante, che probabilmente ha sempre ignorato: "La Costituzione Italiana" by padri fondatori dell'Italia post-bellica. A parte la battuta, consiglio ad Emilio di rintracciare nel testo sopracitato le parole "immigrati" e "seconde generazioni" (che ovviamente non troverà) e la parola "cittadino" (che comprende genericamente tutti gli italiani).

Non reificateci. Dice bene Emilio. E prima di aspettarvi risposte da noi, ascoltate cosa abbiamo da dire, perchè diciamo poche cose, e cose semplici.

Andrea dice: "Insomma, una certa aria romana del modello associativo, una scelta comunicativa molto condizionata dai media tradizionali (anzi intenzionata a incidere sulle loro scalette) e poco propensa a lavorare a un modello di cooperazione culturale più silenzioso ma aperto anche a momenti riflessivi, non propenso a capitalizzare i propri successi pubblici. Vari tra i redattori della lettera erano poi anche urtati dalla pretesa di un luogo super partes del gruppo (apartitici). Come dire, il gruppo rivendica un proprio ruolo di sindacato, libero di interloquire con chicchessia e di non stringere alleanze con nessuno. Insomma, nel mentre ribadiscono con forza una propria internità al “noi” italiani, sembrano voler anche proteggere una propria estraneità. E per molti versi si ha da dargli ragione: credo che in tanti siano interessati a rivendicare una esclusiva con il logo dei G2."

Caro Andrea, sorvolando sul significato (che ignoro) delle prime righe di questa tua affermazione, posso dirti che malgrado le limitate risorse umane e risorse economiche quasi nulle, G2 Seconde Generazioni cerca di partecipare a momenti di riflessione, dibattito, nei quali viene invitata ad intervenire. Cerchiamo anche alleanze, abbiamo nel nostro curriculum collaborazioni con realtà locali e nazionali, ma tendiamo a preferire situazioni "alla pari", per evitare di diventare "il braccio multietnico" di questo o quel partito/sindacato.
Volersi battere in prima persona - e non delegare - per i propri problemi significa "proteggere una propria estraneità"? Allora è così. Delegando non abbiamo ottenuto nulla. Mettendoci le facce, le voci (italiane, romane, milanesi, venete, emiliane, toscane), le storie stiamo riuscendo (in tanti ce ne riconoscono il merito) a portare la "questione seconde generazioni" sull'agenda politica e negli ambienti intellettuali.

Emilio dice: "C’è una seconda generazione che parla, ma non c’è ancora una soggettualità politica in grado di porre la questione per come dovrebbe essere posta. E cioè, per intenderci, in grado di adottare quello che Spivak chiama “essenzialismo strategico” (o se volete “essenzialismo anti-essenzialista”, o “essenzialismo creativo”) come proprio “modulo di gioco” (sì, proprio come il 4-3-3), così da de-strutturare e ristrutturare, mentre la si utilizza, la stessa categoria della seconda generazione."

Sono un profano, caro Emilio. Cosa stai cercando di dirci?

Emilio dice: "Come fare? Mischiare sin da subito il “noi” con il “voi” nel contro-discorso della modernità italiana da costruire. Ad esempio, non è una seconda generazione migrante anche il figlio di meridionali al Nord? E non fa parte della Storia d’Italia anche colui che è nato in seno alle comunità italiane della diaspora negli Stati Uniti, in Australia, etc?"

Il meridionale che emigra al nord ha gli stessi diritti civili e politici di un padano. Se poi si riconosce in una categoria come quella delle "seconde generazioni", è un'altra questione (io naqui in India, arrivai in Italia nel 1991 a 7 anni, però "mi sento" più africano, dove ho trascorso solo tre settimane. Allora io chi sono? Cosa sono? Sono domande paradossali, ovviamente); un discendente di italiani nato e vissuto in sud america ha davanti a sè un'autostrada per ottenere la cittadinanza italiana, mentre un nato in Italia da genitori immigrati ha spazi di manovra limitatissimi.

Scusate se il mio intervento è stato un po' rude in certi passaggi. Ogni affermazione meritava una risposta e non mi sono astenuto dall'esprimere il mio punto di vista (e non quello di tutta l'associazione G2 Seconde Generazioni).

Spero di aver chiarito le idee a qualcuno dei soggetti che sono intervenuti in questa discussione, e spero che il dibattito vada avanti.

Cordiali saluti.

_________________
Essere umano in divenire


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